Festa del Corpus Domini: sigillo della fedeltà di Dio nella nostra carne
di Enrica Munafò
Per le misure restrittive imposte dall’emergenza sanitaria in atto, quest’anno abbiamo celebrato la festa del Corpus Domini in maniera inusuale, non a livello vicariale, ma nelle parrocchie e senza la processione per le vie della città con Gesù sacramentato.
Dio ci ha dato una presenza carnale umana in Gesù, che si fa uomo e nell’Eucaristia il pane e il vino, per virtù dello Spirito Santo, diventano carne e sangue di Gesù. Comprendiamo così le parole dure del Vangelo di oggi;” Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda” (Gv.6,54-55). Queste parole sono promessa attuale per oggi e futura nel giorno della nostra risurrezione.In una Eucaristia partecipata da tanti fedeli, il parroco della Chiesa Madre, Arc. don Rosario Sultana, così ha detto nell’omelia.
Questa solennità ci ricorda che Gesù è veramente presente in quel pezzo di pane e in quel po’ di vino, che diventano presenza reale di Gesù, non solo simbolo. Da quell’unico pane spezzato «noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo» (1 Cor 10,17). Quando ci nutriamo dell’Eucaristia, possiamo tranquillamente dire che diventiamo “un altro Gesù” e un solo corpo nel Signore Gesù che si rende visibile nell’unità tra noi; unità che non è frutto di sforzo o volontarismo nostro, ma dono di Dio della presenza sacramentale in noi, nonostante le nostre fragilità. Certamente più noi viviamo la comunione sacramentale più siamo non solo segno, ma presenza di Gesù.
I cristiani, – sottolinea don Rosario- non possono non sostenersi a vicenda e perdonarsi, perché siamo carne della stessa carne, come dicono i genitori dei figli, frutto dell’amore dei coniugi. Noi siamo frutto dell’amore di Dio per noi, non per niente ci chiamiamo fratelli e sorelle, figli di un solo Padre, generati nella stessa carne del Figlio di Dio. Questo fa l’Eucaristia, di fronte alla quale dobbiamo manifestare tutto il nostro stupore, ringraziare e lodare il Signore, che ci redime da ogni colpa col sangue della nuova alleanza versato per tutti i popoli.
Partecipiamo al mistero redentivo, alla morte di Gesù e nella sua morte muore il peccato di Adamo, uomo vecchio e rinasce un’umanità nuova. Risorgiamo tutte le volte che ci nutriamo dell’Eucaristia, dono immenso da meditare, conoscere, amare di più.
Non possiamo vivere senza cibarci dell’Eucaristia, e il digiuno eucaristico forzato per la pandemia ce lo ha fatto sperimentare. Senza di Lui ci sentiamo perduti, smarriti. Con Lui attraversiamo anche la prova, simboleggiata dal deserto di cui narra il Deuteronomio. Sostenuti dal sacramento del Corpo e sangue di Cristo, compiamo il viaggio della nostra vita.
Don Rosario augura che il deserto si trasformi in luogo di prosperità e diventi rinascita vera di una vita migliore e nello stesso tempo invita a pregare per le vocazioni sacerdotali. La forza dell’Eucaristia ci trasforma in portatori di Dio: portatori di gioia, la gioia del Signore, che cambia la vita!
Alla fine dell’Eucaristia, con un segno augurale molto significativo, don Rosario, ha voluto benedire la Città, uscendo sul sagrato con Gesù sacramentato.
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